Edilizia, realizzazione massetto in cantiere

Massetto con polistirolo: un alleato nella realizzazione di pavimenti e non solo

Resistenza, leggerezza e adattabilità rendono il massetto alleggerito con polistirolo un prodotto utile per differenti progetti.

È un prodotto versatile, prezioso in ogni cantiere edile, resistente alla compressione, all’acqua, migliora l’isolamento termico e acustico ed è anche incredibilmente leggero. Il massetto alleggerito con polistirolo è una carta da giocare in ogni costruzione proprio per le sue caratteristiche specifiche: l’unione perfetta di resistenza, leggerezza e adattabilità. È un elemento intermedio tra uno strato e l’altro, solitamente eseguito come base per i pannelli radianti a pavimento e gettato direttamente sul solaio.

Il massetto si compone generalmente di vari elementi, equilibrati a seconda delle esigenze: cemento, acqua, sabbia; per questa particolare tipologia vengono aggiunte perle di polistirolo. Una volta miscelati con cura, dopo aver bagnato il supporto (soprattutto in caso di solai più vecchi), vengono diffusi in modo uniforme così da coprire al meglio tutte le porzioni di spazio. In edilizia, oltre a quello alleggerito con polistirolo, si utilizzano diversi tipi di massetti, per citarne un altro tipo quello con argilla espansa.

Una larga diffusione in edilizia. Utilizziamo il massetto con polistirolo nelle più differenti realizzazioni. Negli interni e negli esterni in egual misura. Una per tutte nella composizione dei sottofondi per i pavimenti civili e industriali (abbiamo analizzato quelli in cemento), a maggior ragione dove devono passare degli impianti di riscaldamento, delle tubazioni o cavi elettrici, oppure nei solai, e anche nella predisposizione di pendenze su tetti e terrazze fino al risanamento di coperture in lamiera grecata, all’isolamento di sottotetti a riempimenti di scavi, fondazioni, canalette e in molte altre realizzazioni.

Il massetto alleggerito in polistirolo è particolarmente indicato per la realizzazione di superfici idonee per la successiva posa di sistemi di riscaldamento a pavimento in quanto permette di ottenere un’ottima planarità dei getti eseguiti e la massima omogeneità del prodotto. Inoltre, è idoneo come sottofondo per pavimentazioni civili e industriali. I prezzi vanno da pochi euro al metro quadrato fino a 20 €/mq in base alla tipologia di lavoro, facilità di esecuzione e quantità.

Pavimento in cemento industriale-1

Pavimento in cemento industriale: i vantaggi

Un approfondimento sulla realizzazione e sui vantaggi del pavimento in cemento industriale a cura di Edil84.

Un pavimento realizzato in cemento industriale risponde a tutte le esigenze di un’azienda. Una lunga durata, facilità nella pulizia, manutenzione dai costi contenuti, offre anche buone prestazioni sotto il profilo della conduzione termica.

Sebbene inoltre abbia una grande diffusione negli ambienti produttivi, non mancano esempi di un suo uso anche per quelli sanitari (grazie alla già citata facilità di pulizia) e perfino residenziali. La sua essenzialità, la sua pulizia estetica, infatti, si sposa con gli ambienti dal design moderno e lineare.

La realizzazione di un pavimento con il cemento industriale non richiede tempi particolarmente lunghi né costi elevatissimi a confronto con altre tipologie. C’è però, come per ogni intervento, una fase preliminare nella quale si devono avere ben chiare le caratteristiche del luogo dove si interviene.

Completato questo passaggio indispensabile si procede così:

  1. Preparazione di una base, la massicciata, sulla quale successivamente si disporranno gli strati successivi.
  2. Posa di uno strato di isolante sulla base predisposta in precedenza. Questo isolante permette di evitare le penetrazioni di acqua (altamente pericolosa per il calcestruzzo e in generale per ogni edificio).
  3. Fissazione di un’armatura in rete elettrosaldata che agevoli la diffusione del calcestruzzo evitando inoltre crepe, ritiri, fessurazioni e getti sbagliati.
  4. Getto del calcestruzzo che andrà a disporsi sulla rete elettrosaldata.
  5. Uniformazione del calcestruzzo. Attraverso una staggia, la colata viene diffusa uniformemente rimuovendo le porzioni in eccesso e garantendo una distribuzione omogena.
  6. Una volta che tutta la superficie è stata coperta dal calcestruzzo si procede a levigarla con un altro strumento, la frattazzatrice, che permette di rimuovere le asperità migliorando il lato estetico.
  7. Ultima rifinitura. Il pavimento viene verniciato con una resina idro e olio repellente che ne migliora la capacità di resistere alle macchie e agli agenti chimici.

L’importanza delle impermeabilizzazioni

Stiamo parlando di uno degli interventi più delicati. La copertura di tetti e ripiani richiede una premura maggiore perché gli errori possono sfociare in veri e propri danni.

L’acqua è da sempre uno dei nemici giurati di ogni costruzione. Abbiamo già parlato (QUI) di quanto sia pericoloso il deterioramento del calcestruzzo, provocato spesso dal lento lavorio degli elementi e soprattutto dall’acqua. Le infiltrazioni d’acqua possono produrre danni a qualsiasi costruzione. Danni che rischiano di essere anche ingenti.

Se molto spesso si riscontrano dei danni agli elementi esterni, a partire dal cappotto esterno (per saperne di più), non mancano casi di infiltrazioni d’acqua che attaccano le strutture più essenziali di un edificio. Per questo la tempestività nell’intervento, che necessita prima di un approfondito esame che solo tecnici esperti del settore possono condurre, è decisiva.

Quali sono le zone più a rischio?

  1. Nell’intradosso delle coperture a falde inclinate in seguito allo spostamento o alla rottura accidentale di uno o più elementi del manto di copertura, soprattutto se costituito da scandole in legno, coppi, tegole marsigliesi, lastre di pietra oppure coppi ed embrici, oppure per la rottura o l’otturazione di una grondaia o un discendente;
  2. Intorno alle cappe dei camini, nei displuvi o comunque in qualunque porzione di edificio dedita allo scolo delle acque.
  3. Nelle coperture in piano spesso danneggiate a causa dell’usura, della scarsa manutenzione oppure disfunzionanti perché mal progettate.
  4. In tutte le aree sporgenti come balconi e terrazze.
  5. Solai e pareti verticali dove sono presenti caditoie.

La nostra esperienza al tuo servizio

È indispensabile riconoscere per tempo le infiltrazioni d’acqua, identificare i punti sensibili e predisporre una strategia per risolverle alla radice. Contatta Edil84 per una diagnosi completa.

Edilizia, una possibile via d’uscita dalla crisi

Grazie a ecobonus e sismabonus le ristrutturazioni cresceranno ancora. I due incentivi possono rilanciare prepotentemente l’edilizia. Nella fase di convivenza con il virus inoltre cambierà anche lo spazio.

La crisi post-Coronavirus impatta pesantemente sull’edilizia. Improbabile una ripresa negli ultimi mesi del 2020. Negli ultimi anni l’edilizia stava, seppur lentamente, smaltendo le scorie della crisi del 2008. Secondo l’Istat, analizzando i permessi a costruire, il 2018 ha registrato il 5,7% dei nuovi fabbricati di edilizia residenziale e non residenziale. Negli ultimi due trimestri del 2019 c’era stato già un rallentamento. Adesso la crisi morde.

Stando alle previsioni di Scenari Immobiliari il calo è di circa il 18,6% a livello nazionale. La ripresa è attesa solo nel 2021 ammesso che ci siano le condizioni giuste per stimolarla. Una crisi dai contorni variabili a seconda dello scenario urbano nel quale si innesta. A Firenze si registra un deprezzamento di circa il 5,57% degli immobili.

Ripartire sarà complicato in un contesto simile nel quale alla recessione si associa un clima di generale sfiducia e di fuga degli investitori. Eppure il settore dell’edilizia è storicamente decisivo per l’economia italiana. Il contributo al PIL è di circa l’8%, rileva ANCE, ma la filiera edile sostiene quasi tutti gli altri comparti dell’economia. Da qui, in ottica rilancio, discende quanto sia necessario sostenere un settore che si porta dietro tutti gli altri.

Ecobonus e sismabonus

Una delle misure più apprezzate del decreto rilancio è il rinnovo e l’innalzamento dell’aliquota di ecobonus e sismabonus. Potranno essere detratte le spese sostenute dal primo luglio 2020 al 31 dicembre 2021 per lavori efficientamento energetico e di adeguamento sismico.

La crescita delle ristrutturazioni è una tendenza consolidata. Gli investimenti sul patrimonio abitativo esistente rappresentavano il 37% del totale nel settore delle costruzioni a dati del 2019, con un incremento di oltre mezzo punto percentuale sull’anno precedente. Incidevano positivamente i già presenti ecobonus e sismabonus. C’è da presumere che dopo l’innalzamento dell’aliquota di ecobonus e sismabonus al 110% si possa assistere ad una vera e propria esplosione delle ristrutturazioni, soprattutto nei condomini.

Quelli consentiti da ecobonus e sismabonus sono interventi utili a migliorare la qualità della vita e l’efficienza energetica ma che necessitano di risorse altrimenti difficilmente reperibili visto il momento. Grazie al meccanismo vantaggioso contemplato nei bonus si possono finalmente sbloccare opere ferme da lungo tempo per la mancanza di risorse.

Come cambierà lo spazio

Oltre al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, si dovrà fare i conti con un contesto mutato: la convivenza con il virus. In questa fase lo spazio subirà dei cambiamenti sensibili. A una nuova centralità della casa, emersa prepotentemente già durante i mesi del lockdown, seguiranno interventi per adattare l’ambiente domestico alle esigenze lavorative delle persone in smart-working ma anche di tutti quegli spazi comuni dentro gli stessi edifici come nel caso dei condomini ma anche degli uffici.

Cronoprogramma, uno strumento fantastico

Stai per partire con i lavori, i documenti sono tutti firmati, i pavimenti e rivestimenti già tutti scelti, ci sono già anche gli schemi di posa ma…l’impresa, che ti ha garantito a parole di consegnarti l’appartamento nel giro di massimo tre mesi, te l’ha consegnato il cronoprogramma dei lavori?

Se non ne avessi mai sentito parlare, il cronoprogramma è un diagramma dove sull’asse Y sono indicate le settimane/mesi che saranno necessari per svolgere i lavori, sull’asse delle X invece tutte le varie lavorazioni dell’appalto, e serve a farti capire quali e soprattutto quando verranno svolte le varie lavorazioni.

La semplicità di questo diagramma ti permette di capire, anche se non sei del mestiere, se i tempi sono rispettati oppure no. È per questo che se l’impresa non ti vuole consegnare il suo cronoprogramma, ti devi fare un regalo personale e togliertela velocemente di torno.

Di fatto è l’unico strumento che hai per poter controllare se l’impresa riuscirà a consegnarti l’appartamento il giorno stabilito oppure no.

Poiché la maggior parte dei contratti di appalto prevede come forma di pagamento la formula a S.A.L. (stato di avanzamento dei lavori), il quale attesta l’avvenuta esecuzione di una certa quantità di lavoro di qualsiasi tipo e di qualsiasi misura con un suo conseguente esatto importo specifico, il cronoprogramma dovrebbe sempre essere integrato riportando sull’asse X, oltre al tempo, l’avanzamento economico dei lavori.

Lo scopo è duplice

  1. Non pagherai per lavori che ancora non hai svolto, rischiando così in caso di interruzione dei rapporti con l’impresa, di aver pagato di più per quello che hai ottenuto.
  2. Sai già indicativamente quanto e quando dovrai esborsare al prossimo S.A.L.

In realtà il diagramma serve anche all’impresa stessa, che potrà verificare in autonomia se è in pari con i tempi e organizzarsi al meglio per le successive lavorazioni.

Di diagrammi ce n’è un’infinità, dal semplice diagramma a barre al diagramma di GANTT e diagramma di GANTT evoluto, dal PERT (Program Evaluation and Review Technique) al CPM (Critical Path Method), e via dicendo.

Quello che però a noi serve è un semplice diagramma che metta in relazione diretta tempi, fasi e possibilmente costi di lavorazione. In maniera semplice e d’ impatto anche per chi non è del settore. Per questo un semplice diagramma a barre come quello in immagine è più che sufficiente.

Lasciaci un contatto per poterti illustrare come eseguiremo un diagramma che ti mantenga sempre in posizione di controllo nei confronti della tua ristrutturazione!

 

Strutture provvisorie: tipologie e costi. FOCUS

Diverse a seconda dell’uso le strutture provvisorie rientrano negli oneri generali di sicurezza del cantiere. Le analizziamo nel focus di Edil84.

Le strutture provvisorie sono quelle strutture assimilabili ai manufatti edilizi destinate ad un uso circoscritto nel tempo, con l’obiettivo di soddisfare esigenze di tutela della sicurezza dei lavoratori in fase di cantiere. Ne esistono tantissimi tipi, e cercare di raggrupparle non è cosa semplice. Si possono dividere in categorie.

  • Strutture provvisorie mobili.
  • Strutture provvisorie fisse.

STRUTTURE PROVVISORIE MOBILI

Sono le meno onerose sotto l’aspetto economico, e spesso non vengono neanche computate, ma rientrano fra gli oneri generali di sicurezza del cantiere. Queste sono.

  • Ponti su ruote o trabattelli: sono la struttura provvisoria con maggior mobilità. A seconda delle tipologie riescono a raggiungere più piani di lavoro fino a quote anche di 10 metri. Lavorano bene in grandi ambienti senza dislivelli, come magazzini o spazi all’aperto, mentre in tanti piccoli spazi al chiuso lavorano male perché devono essere ogni volta smontati e rimontati. Hanno solitamente un costo di noleggio giornaliero e vengono usati spessissimo nelle manutenzioni.
  • Ponti su cavalletti: queste strutture sono usate in prevalenza per lavori da eseguirsi all’interno degli edifici, anche in piccoli spazi confinati, sia per murature che per intonaci o tinteggiature. Sono composti da due cavalletti (con distanza massima l’uno dall’altro di 3,60 metri) e tavole di spessore minimo 5 cm ( larghezza minima 90 cm). Hanno un’altezza massima da terra che non può comunque superare i 2 m. Sono molto usati per raggiungere le altezze di lavoro superiori a 1,80/2 m, grazie alla loro facile manovrabilità e trasportabilità. Il loro costo rientra sempre fra le lavorazioni cui servono.
  • Parapetti provvisori: sono formati da montanti verticali (con funzione di struttura), solitamente in metallo, e tre correnti orizzontali, solitamente in tavole sottomisura in legno, che fanno da protezione. La normativa UNI EN 13374: 2004 li divide in tre classi, A B e C, a seconda della resistenza minima ai carichi statici che devono garantire. Vengono usati principalmente a protezione delle aperture nel vuoto, o lungo le rampe e i pianerottoli in costruzione. Anche questa tipologia di struttura provvisoria solitamente viene computata tra gli oneri generali di sicurezza del cantiere.

STRUTTURE PROVVISORIE FISSE

Hanno un maggior costo rispetto alle strutture mobili. Comportano spesso tre voci: montaggio, smontaggio e noleggio. Esistono più tipi, tutte riconducibili ideologicamente al ponteggio, che resta comunque la tipologia di struttura più conosciuta e diffusa:

  • Ponteggi tradizionali: Questa è sicuramente la tipologia più frequente fra tutte, e un solo libro in realtà non basterebbe per parlarne. Anche qui c’è un costo fisso per il montaggio, che per lavori di grandi dimensioni vengono computati con un prezzo al metro quadrato, e un altro per il noleggio mensile. Ci possono essere vari accessori, come la rete e l’allarme, per evitare l’intrusione di altra gente. Ne esistono tre tipologie.
    • Ponteggio a tubo giunto: è usato particolarmente all’estero e per opere più complesse di restauro, dove la rigida ortogonalità del ponteggio a telai non riesce.
    • Ponteggio fisso a telai prefabbricati: è caratterizzato da rapidità e facilità di montaggio, ed è per questo che è quello più usato, soprattutto per lavori standard come le facciate dei condomini o nuove costruzioni.
    • Ponteggio multidirezionale: é la via di mezzo fra queste due tipologie, ed é quello più costoso fra tutti.
  • Ponteggi autosollevanti: anche se non sono molto frequenti, molte imprese si affidano comunque a questa tipologia di struttura. Sono costituiti da un piano di lavoro molto simile al ponteggio tradizionale, con una lunghezza che può essere variabile e una larghezza simile al tavolato del ponteggio stesso. Questo piano di lavoro si muove in direzione verticale, su una sorta di binario verticale di una o più colonne reticolari in acciaio e garantisce comunque ai lavoratori di operare in sicurezza mediante il parapetto su tutta l’area di lavoro. Le colonne ovviamente necessitano di un supporto stabile a terra, che deve essere verificato dal montatore stesso; questa tipologia solitamente ha un costo fisso per il montaggio e smontaggio e un costo variabile relativo al noleggio mensile.
  • Ponteggi sospesi: sono molto simili a quelli autosollevanti, forse ancora meno frequenti, solo che invece che avere il supporto dal basso, hanno il supporto e ancoraggio che arriva dall’alto, mediante una struttura intelaiata e argani. Questi argani riescono a sostenere e muovere il ponte di lavoro, sempre debitamente protetto da parapetto a tutto giro, medianti funi le quali possono essere movimentate manualmente o a mezzo di motore. Anche qui per i costi sono della tipologia del ponteggio autosollevante (prezzo a corpo per montaggio e smontaggio, più il noleggio mensile).

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